Denominazione del processo rivoluzionario scoppiato in Russia nel 1917, distinto
in due fasi (
Rivoluzione di Febbraio e
Rivoluzione d'Ottobre), che
si concluse con la costituzione del primo Stato socialista. ║
Rivoluzione di Febbraio: alla fine del XIX sec. la Russia degli zar aveva
realizzato una rapida industrializzazione che, per i modi con cui si era
attuata, non aveva, però, portato a un ammodernamento delle strutture
sociali ed economiche del Paese. Infatti, in primo luogo, questo sviluppo era
avvenuto principalmente per opera degli investitori occidentali, i cui capitali
erano affluiti in Russia in ragione di condizioni economiche a loro altamente
favorevoli, e non per iniziativa della borghesia locale, che, anzi, era ben
lungi dal detenere il ruolo egemonico di cui godeva, invece, negli Stati
dell'Europa dell'Ovest. Secondariamente, esso aveva coinvolto solo
alcune aree del Paese, lasciando le altre in condizioni di estrema arretratezza:
in particolare nelle campagne, i rapporti di produzione erano ancora fondati sul
grande latifondo e su una schiavitù della gleba solo formalmente abolita
nel 1861. In questo contesto, in cui tra l'altro ogni ipotesi di
rinnovamento politico o economico si scontrava con l'intransigenza zarista
e dei ceti possidenti, si erano venute determinando crescenti tensioni sociali
che lo scoppio della prima guerra mondiale finì per acuire: agli inizi
del 1917 la Russia, infatti, oltre ad aver subito numerose sconfitte militari,
conviveva con un costo della vita in continuo aumento (del 700% superiore a
quello del periodo prebellico), che erodeva il potere d'acquisto dei
salari più bassi. In questo quadro socioeconomico, il 23 febbraio
(secondo il calendario giuliano allora vigente, 8 marzo secondo quello
gregoriano) si scatenarono gli ennesimi disordini provocati dalla scarsezza di
viveri: essi, però, non avrebbero verosimilmente avuto particolari
conseguenze se le officine metallurgiche Putilov, che impiegavano oltre 30.000
operai, non avessero proclamato la serrata, determinando nel giro di due giorni
uno sciopero generale. Lo zar Nicola II ingiunse, allora, di reprimere con la
forza la rivolta, ma la guarnigione di Pietrogrado si ribellò
all'ordine di sparare sulla folla, aderendo ai moti popolari. La
situazione precipitò repentinamente: il 28 febbraio (13 marzo) venne
creato un organo rivoluzionario (
soviet); l'indomani, di fronte al
soviet si costituì un Governo provvisorio e, il 2 (15) marzo, lo zar
abdicò. Il quadro politico che si venne delineando in Russia in
conseguenza di questi avvenimenti risultava, però, estremamente equivoco:
da un lato vi era un potere formale, incarnato dal Governo provvisorio
capeggiato da un grande proprietario terriero, G.E. L'vov, ed espressione
principalmente delle istanze dell'alta borghesia industriale e
finanziaria; dall'altro esisteva un potere sostanziale, rappresentato dal
soviet, egemonizzato da menscevichi e socialisti rivoluzionari, e forte
dell'appoggio delle masse operaie e contadine, che anche nel resto della
Russia si vennero organizzando in soviet locali. Sebbene questi ultimi
insistessero per una pace separata che il Governo, per i legami con gli
esponenti del mondo finanziario delle potenze dell'Intesa, non aveva
intenzione di chiedere, la situazione non degenerò anche e soprattutto
per la promessa da parte del Governo di convocare a breve un'Assemblea
Costituente. La maggioranza delle forze socialiste, del resto, era propensa a
ritenere che i tempi non fossero ancora maturi per una rivoluzione che non fosse
quella «borghese»: infatti, a loro parere, era alla borghesia che
spettava il compito storico di liquidare i residui feudali e assolutistici e
operare quella modernizzazione del Paese che, secondo l'ortodossia
marxista, avrebbe consentito la rivoluzione socialista. Da questo punto di
vista, la stessa continuazione della guerra andava letta, secondo i socialisti,
come un allineamento alla causa democratica e avrebbe dovuto portare a una pace
senza annessioni né indennità. Tra le forze socialiste, unica voce
fuori dal coro era rappresentata dal Partito bolscevico e dal suo leader, Lenin:
nelle
Tesi d'aprile prima e in
Stato e rivoluzione poi, egli
contestò l'esistenza in Russia di una borghesia rivoluzionaria e,
ritenendo che il capitalismo fosse giunto con l'imperialismo alla sua fase
suprema, teorizzò piuttosto l'esigenza che operai e contadini
realizzassero la rivoluzione socialista; in questo senso, Lenin rifiutò
il Governo provvisorio e la sua decisione di continuare la guerra, in nome di un
trasferimento di tutto il potere ai soviet. ║
Rivoluzione
d'Ottobre: a maggio era avvenuto un rimpasto nel Governo, che aveva
comportato l'inclusione in esso dei menscevichi e dei socialisti
rivoluzionari, ma sul fronte bellico non vi furono miglioramenti di sorta; a
giugno si concludeva, infatti, con un insuccesso l'offensiva lanciata
contro la Germania dal nuovo ministro della guerra, il socialrivoluzionario A.F.
Kerenskij. Nel frattempo, la situazione interna rimaneva esplosiva: il 3 (15)
luglio si ebbero sollevazioni popolari, cui fece seguito un tentativo
insurrezionale da parte della guarnigione di Pietrogrado. Di lì a qualche
giorno il Governo represse questi moti, attribuendone la responsabilità
al Partito bolscevico (che a giugno, nel primo Congresso panrusso dei soviet,
aveva manifestato intenti rivoluzionari) e mettendolo, pertanto, fuori legge.
Lenin riuscì a sottrarsi all'arresto fuggendo in Finlandia, ma il
Governo non uscì dalla vicenda rafforzato; né valse a qualcosa la
nomina di Kerenskij a primo ministro in sostituzione di L'vov. Con quanta
capillarità si fosse diffuso il bolscevismo fu chiaro il 26 agosto (8
settembre), quando il generale L.G. Kornilov, nominato da Kerenskij capo di
Stato Maggiore, iniziò a marciare su Pietrogrado: il
putsch fu,
infatti, sventato solo grazie all'aiuto dei bolscevichi che, con il
beneplacito di Kerenskij, fecero leva sugli operai per boicottare le
comunicazioni ferroviarie e sui propagandisti per spingere le truppe di Kornilov
alla diserzione. Così, dopo che alla fine di settembre i bolscevichi
avevano guadagnato la maggioranza nei soviet di Pietrogrado, di Mosca e di Kiev
e dopo l'ennesimo rinvio della convocazione dell'Assemblea
Costituente, Lenin ritenne giunto il momento di affrontare la questione della
presa del potere: il 10 (23) ottobre il Comitato centrale bolscevico
approvò la sua mozione di preparare l'insurrezione armata. Il 20 (22)
ottobre egli fece, pertanto, ritorno a Pietrogrado e tra il 24 e il 25 (6-7
novembre) i bolscevichi passarono all'azione, occupando i punti strategici di
Pietrogrado; quello stesso giorno, mentre Kerenskij fuggiva dalla capitale, il
secondo congresso panrusso dei soviet elesse un Governo che prese il nome di
«Consiglio dei commissari del popolo», presieduto da Lenin e composto
esclusivamente di bolscevichi. Subito il Consiglio affrontò le questioni
della pace (dichiarando la propria disponibilità per una pace senza
annessioni né indennità) e della terra (abolendo la
proprietà privata senza alcun indennizzo). A queste misure fecero seguito
l'introduzione di un controllo operaio nelle fabbriche, la costituzione di
una milizia operaia, la nazionalizzazione delle banche, l'istituzione
dell'Armata Rossa. Liquidate il 30 ottobre (12 novembre) le truppe di Kerenskij
a Pulkovo, il 12 (25) novembre si svolsero a suffragio universale le elezioni
per l'Assemblea Costituente: i bolscevichi ottennero solo il 25% dei
seggi, a fronte di una maggioranza assoluta di quasi il 60% per i menscevichi.
L'Assemblea, ormai superata dagli avvenimenti, ebbe, però, vita
brevissima: alla sua prima riunione, il 6 (19) gennaio 1918, Lenin firmò
il decreto di scioglimento. Nel frattempo, il Governo bolscevico aveva avviato
le trattative di pace con la Germania e, constatata l'impossibilità
di rivoluzione nella Germania stessa, il 3 marzo 1918 finì per
sottoscrivere, nonostante l'opposizione della maggioranza dei soviet, le
durissime condizioni imposte dal Trattato di Brest-Litovsk: rinunciando agli
Stati baltici, alla Polonia e all'Ucraina, la Russia perdeva 1/4 del
territorio dell'Impero zarista, 1/3 della popolazione e 3/4 della
produzione del carbone e dell'acciaio, ma garantiva, nel contempo, a un
Paese stremato la possibilità di meglio affrontare la minaccia
controrivoluzionaria. Infatti, sebbene le forze controrivoluzionarie non
possedessero unità di intenti e non godessero di particolare appoggio
presso la popolazione, esse occupavano, grazie anche ai cospicui finanziamenti
degli Stati dell'Intesa, la Siberia e la zona oltre gli Urali fino al
Volga e minacciavano di avanzare ancora. Lenin affrontò energicamente la
situazione, attuando a scapito dei soviet una rigida centralizzazione del potere
e realizzando, sul fronte economico, il cosiddetto «comunismo di
guerra», ovvero il controllo statale del lavoro, della produzione e della
distribuzione dei prodotti; contemporaneamente, un altro esponente di spicco del
Partito bolscevico, L.D. Trotzkij, si dedicò alla riorganizzazione
dell'Armata Rossa. Fu così che già verso l'autunno del
1918 i bolscevichi, che il 9 luglio, nel corso del V Congresso panrusso dei
soviet, avevano costituito la Repubblica Sovietica Russa e che tra il 16 e il 17
luglio avevano messo a morte lo zar e la sua famiglia, raccolsero i primi
successi con le vittorie sul fronte del Volga; nella primavera del 1919 furono,
poi, definitivamente respinte le truppe di A.V. Kolčak e nell'autunno
quelle di A.I. Denikin e di N.N. Judenič, cosicché agli inizi del
1920 la minaccia controrivoluzionaria poteva considerarsi superata. Fu allora
che la Polonia di J. Piłsudski attaccò: la risposta russa fu,
però, veemente e condusse l'Armata Rossa alle porte di Varsavia.
Quando ormai la presa della capitale polacca sembrava imminente, alcuni errori
di valutazione politica e la disorganizzazione militare favorirono la
controffensiva polacca: la Pace di Riga (12 agosto 1920) ristabilì i
confini prebellici. Sul versante interno intanto, si era venuto determinando un
crollo della produzione agricola e industriale: per ovviare al diffuso
malcontento popolare e anche alla luce del constatato fallimento della
rivoluzione socialista nel resto d'Europa, Lenin, a partire dal 1921,
inaugurò una nuova politica economica (NEP), che prevedeva un moderato
ritorno all'economia di mercato. La rivoluzione bolscevica giunse, infine,
a compimento il 30 dicembre 1922, quando la Russia e le altre province
dell'ex Impero zarista in mano ai bolscevichi (Ucraina, Bielorussia,
Azerbaigian, Armenia e Georgia) diedero vita all'
Unione delle
Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS), la cui costituzione fu decretata
il 31 gennaio 1924.